di Paolo Parisi: Tax and Corporate Lawyer – Advisor – Esperto negoziatore – Gestore della crisi – Founder Studio Legale Tributario Societario Avv. Prof. Paolo Parisi “Parisi Tax Firm” & Partner

Approvato in via definitiva il decreto legislativo attuativo della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale: nuova disciplina per gli impatriati, nuovi criteri di individuazione delle residenze fiscali di persone fisiche e giuridiche,  la global minimum tax e il reshoring di attività extraUE delocalizzate.

I principi e criteri direttivi della delega

L’articolo 3 della legge n. 111/ 2023 reca i princìpi e criteri direttivi di delega per la riforma del sistema fiscale con riferimento agli aspetti internazionali e sovranazionali del sistema tributario.

I principi e criteri direttivi della delega per la riforma del sistema fiscale con riferimento agli aspetti internazionali e sovranazionali del sistema tributari sono i seguenti:

  • adeguare i principi dell’ordinamento tributario nazionale ai livelli di protezione dei diritti stabiliti dal diritto dell’Unione europea, tenendo anche conto dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia tributaria;
  • assicurare la coerenza dell’ordinamento interno con le raccomandazioni OCSE nell’ambito del progetto BEPS (base erosion and profit shifting) contro l’erosione della base imponibile;
  • garantire la revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società come criterio di collegamento personale all’imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia valutando la possibilità di adeguarne la disciplina all’esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile;
  • promuovere l’introduzione di misure volte a conformare il sistema di imposizione sul reddito a una maggiore competitività sul piano internazionale, anche tramite la concessione di incentivi all’investimento o al trasferimento di capitali in Italia per la promozione di attività economiche sul territorio italiano e nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato;
  • recepire la direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 14 dicembre 2022, avente ad oggetto la definizione di un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell’Unione con l’introduzione, tra l’altro, di:
  • un’imposta minima nazionale dovuta in relazione a tutte le imprese, localizzate in Italia, appartenenti a un gruppo multinazionale o nazionale e soggette a una bassa imposizione;
  • un regime sanzionatorio, conforme a quello vigente in materia di imposte sui redditi, per la violazione degli adempimenti riguardanti l’imposizione minima dei gruppi multinazionali e nazionali di imprese e un regime sanzionatorio effettivo e dissuasivo per la violazione dei relativi adempimenti informativi;
  • semplificare e razionalizzare il regime delle società estere controllate (controlled foreign companies), rivedendo i criteri di determinazione dell’imponibile assoggettato a tassazione in Italia.

Residenza fiscale delle persone fisiche

Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti. In aggiunta, viene introdotto un nuovo concetto di “domicilio” che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona nonché una presunzione di residenza, salvo prova contraria, per le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

Rispetto alla disciplina vigente, di conseguenza:

  • viene introdotto il riferimento alla frazione di giorno;
  • sono residenti anche i soggetti presenti nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta, di fatto così ampliando la platea dei contribuenti Irpef residenti in Italia.

Viene introdotto un nuovo concetto di “domicilio” che si basa sul luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona e una previsione per cui si presumono residenti, salvo prova contraria, anche le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

La prova dell’assenza dei criteri che determinano la residenza nel territorio dello Stato può essere fornita dal contribuente dimostrando, rispettivamente, di non avere in Italia la residenza, il domicilio e di non essere stato fisicamente presente nel territorio dello Stato. La prova dell’insussistenza del requisito deve essere riferita a un numero di giorni complessivi superiore alla maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno nel caso della presenza fisica. Il criterio di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente resta quale criterio di collegamento rilevante ai fini della residenza fiscale: tuttavia, il puro dato formale dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente che non abbia un reale riscontro fattuale, permette al contribuente di fornire prova contraria rispetto a quanto stabilito ex lege.

Residenza fiscale delle persone giuridiche

Si considerano residenti in Italia – oltre alle società e agli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la propria sede legale – anche quelli aventi in Italia la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale, in luogo di riferirsi al vigente concetto di “sede dell’amministrazione” e di “oggetto principale”.

Rispetto alla disciplina vigente i concetti di “sede dell’amministrazione” e quello di “oggetto principale” sono sostituiti da sede di direzione effettiva e di gestione ordinaria in via principale.

La sede di direzione effettiva va intesa quale la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso mentre per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

Nella sostanza la residenza di società ed enti viene individuata sulla base di tre criteri: il criterio della “sede legale” ha carattere formale mentre quelli della “sede di direzione effettiva” e della “gestione ordinaria in via principale sono di natura sostanziale, riguardando rispettivamente il luogo in cui sono assunte le decisioni strategiche e si svolgono concretamente le attività di gestione della società o ente. Essendo i tre criteri alternativi, ciascuno di essi è di per sé in grado di fondare il collegamento personale all’imposizione delle persone giuridiche.

Resta ferma la disciplina vigente per gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia, nonché i trust e gli istituti aventi analogo contenuto.

Semplificazione della disciplina CFC

L’articolo 3 contiene un intervento di semplificazione in materia di società estere controllate, al fine di allineare la tassazione dei soggetti sopra indicati al regime dell’imposizione minima globale

La prima condizione, prevista dall’articolo 167, comma 4, del TUIR per l’applicazione della cosiddetta CFC rule, che prevede l’imputazione al soggetto residente di tutti i redditi del soggetto controllato non residente localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, qualora quest’ultimo realizzi proventi per oltre un terzo derivanti da passive income (redditi di varia natura, principalmente finanziaria) viene modificata: la disciplina si applica se i soggetti controllati non residenti sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento, se il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti è oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione. In alternativa, in presenza di bilanci revisionati e certificati delle società controllate estere, i soggetti controllanti possono corrispondere un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15 per cento dell’utile contabile netto dell’esercizio.

Nel caso di entità estere controllate prive di bilancio revisionato e certificato, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia.

In sostanza, se un soggetto residente in Italia controlla società o enti esteri a regime privilegiato, il reddito di tali soggetti esteri è tassato in Italia per trasparenza, nell’esercizio in cui è prodotto e indipendentemente dall’effettiva percezione: attualmente la disciplina CFC si applica anzitutto (prima condizione) se vi è tassazione effettiva nel Paese di localizzazione del soggetto controllato non residente inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stato assoggetto qualora fosse stato residente in Italia. Con le modifiche in esame, la disciplina si applica se i soggetti controllati non residenti sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento. La tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti viene definita come pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio. A tal fine, il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti deve essere oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.

Il calcolo dell’aliquota effettiva (effective tax rate – ETR) viene previsto in presenza di bilanci certificati, nell’ipotesi di società estere in cui il bilancio sia sottoposto a revisione o certificazione nello Stato in cui sono localizzate: l’ETR non potrà essere inferiore alle soglie previste dalla disciplina della cd. global minimum tax, ovvero il 15%.

Qualora la condizione predetta non è verificata, ovvero nel caso di controllate estere prive di bilancio revisionato e certificato, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, come previsto dalle norme in vigore, che viene determinata secondo le modalità da stabilire con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Ai fini della verifica del requisito della effettiva tassazione nello Stato della controllata estera di cui all’articolo 4, lettera a), dell’articolo 167, deve essere presa in considerazione anche l’imposta minima nazionale equivalente, eventualmente assolta dalla società controllata estera. Poiché l’imposta minima nazionale equivalente si applica su base territoriale, per tutte le società controllate localizzate nel medesimo Stato, ai fini dell’allocazione della quota dell’imposta alla singola società controllata estera si prevede che l’imposta minima nazionale equivalente assolta rilevi in misura corrispondente al prodotto tra tale imposta e il rapporto tra i profitti eccedenti relativi alle imprese ed entità del gruppo soggette all’imposta minima nazionale equivalente calcolata in maniera unitaria con il soggetto controllato non residente.

In alternativa a quanto previsto al comma 4, lettera a) viene consentito ai soggetti controllanti, con riferimento ai soggetti controllati non residenti di corrispondere (nel rispetto delle norme della direttiva ATAD e, in particolare, degli articoli 7 e 8 della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016) un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15 per cento dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi. Permanendo il requisito del controllo, l’opzione per l’imposta sostitutiva ha durata per tre esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile. Al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non sia revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione. La disposizione di cui al periodo precedente si applica al termine di ciascun triennio. Si affida a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di stabilire le modalità di comunicazione dell’esercizio e revoca dell’opzione. Nel caso di esercizio dell’opzione, essa è effettuata per tutti i soggetti controllati non residenti che ricevano redditi da passive income per oltre un terzo (redditi indicati al comma 4, lettera b) dell’articolo 167). La disposizione intende introdurre una semplificazione ai fini della determinazione della tassazione effettiva del soggetto controllato estero sia dal lato della base imponibile sia dal lato dell’aliquota impositiva.

Incentivi fiscali compatibili

Viene introdotta una norma di carattere generale che consente di applicare gli incentivi fiscali, compresi quelli già vigenti, in favore dei titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo aventi la sede o la stabile organizzazione in Italia solo se compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e se debitamente autorizzati dalla Commissione: tale norma fissa le condizioni alle quali sono concessi incentivi fiscali ai soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa aventi la sede o una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Le condizioni individuate dalla norma (comma 1) sono le seguenti:

  1. previa autorizzazione dalla Commissione europea ai sensi del menzionato articolo 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea;
  2. se previsti nel rispetto delle condizioni di cui al capo I e II, nonché delle condizioni delle specifiche categorie di aiuto di cui al capo III, del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014;
  3. Con riferimento alla descrizione del regime generale degli aiuti di Stato si veda il dossier Aiuti di Stato- Parte generale, curato dal Servizio Studi, dipartimento Attività produttive, della Camera dei deputati.
  4. se previsti nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dal regolamento (UE) 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis, dal regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis nel settore agricolo e dal regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

Nuovo regime fiscale degli impatriati

Viene prevista la detassazione Irpef del 50 per cento dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonché i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato a decorrere dal periodo d’imposta 2024 entro il limite di 600.000 euro al ricorrere di specifiche condizioni, tra cui l’alta qualificazione dei lavoratori impatriati. le agevolazioni si applicano nel periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d’imposta successivi.

Essa è limitata ai cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) e, ove non siano iscritti alla stessa Anagrafe, a quelli che abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, per il triennio di permanenza all’estero.

Rispetto al vigente regime:

  • l’ammontare detassato è abbassato dal 70 al 50 per cento;
  • il regime agevolato si applica solo ai redditi da lavoro dipendente e assimilati, nonché da lavoro autonomo;
  • viene introdotto un limite di reddito pari a 600.000 euro per fruire delle predette agevolazioni;
  • sono stabilite condizioni più stringenti per l’accesso all’agevolazione, tra cui l’elevata qualificazione dei lavoratori e un periodo più lungo di residenza fiscale all’estero nonché di permanenza in Italia dopo il rientro;
  • non è previsto il prolungamento dell’agevolazione in specifiche situazioni familiari o patrimoniali;
  • non viene riproposta la maggiorazione dell’agevolazione (detassazione del 90% del reddito) per i lavoratori impatriati che si trasferiscono nelle regioni del Mezzogiorno.

Le condizioni per l’utilizzo dell’opzione, modificate e maggiormente specificate rispetto al vigente regime, sono le seguenti:

  1. i lavoratori non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento, impegnandosi a risiedere fiscalmente nel territorio dello Stato per almeno cinque anni;
  2. l’attività lavorativa deve essere svolta nel territorio dello Stato in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al suo stesso gruppo;
  3. l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;
  4. i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 (recante l’attuazione della direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati) e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (recante l’attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania).

 Il decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, il quale, recependo la Direttiva europea n. 2009/50/CE, prevede che il requisito dell’alta specializzazione ricorre nelle ipotesi di:

  • conseguimento di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011, attestata dal paese di provenienza e riconosciuta in Italia;
  • possesso dei requisiti previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate.

Le agevolazioni si applicano nel periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d’imposta successivi.

Si decade dall’agevolazione qualora la residenza fiscale in Italia non sia mantenuta per almeno cinque anni consecutivi al trasferimento il lavoratore decade dai benefici; in tal caso, l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi.

I destinatari dell’agevolazione, che è limitata ai cittadini italiani iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) per il triennio antecedente al trasferimento (di cui al comma 1, lettera a)) ovvero che abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Dall’entrata in vigore delle norme in esame viene abrogata la vigente disciplina dei lavoratori impatriati (articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, e articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34): tuttavia, tali disposizioni continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, a beneficio di coloro che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data.

Reshoring: trasferimento in Italia di attività extraUE delocalizzate

Vengono ridotte al 50 per cento le imposte sui redditi e l’Irap gravanti sul reddito di impresa e su quello derivante dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese extrauropeo, trasferite nel territorio dello Stato per sei periodi di imposta ovvero dieci se trattasi di grandi imprese.

Nel dettaglio, il 50% del reddito derivante da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente  all’Unione europea o allo spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato a) nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei cinque periodi di imposta successivi In particolare l’articolo 6, al comma 1, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta nella misura del 50%.

Sono escluse dall’agevolazione fiscale le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento e si decade dall’agevolazione nel caso di ritrasferimento extraeuropeo dell’attività nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione. In particolare, l’agevolazione viene meno se nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione, ovvero dieci se trattasi di grandi imprese (individuate ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2023), successivi alla scadenza del regime di agevolazione, il beneficiario trasferisce fuori dal territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività oggetto di precedente trasferimento e l’Amministrazione finanziaria recupera nei suoi confronti, con gli interessi, le imposte non pagate durante il regime agevolativo dal quale è decaduto.

Ai fini della determinazione dei redditi agevolabili, il contribuente è tenuto a mantenere separate evidenze contabili idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.

L’efficacia delle disposizioni in esame, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

Global Minimum Tax

Le possibilità di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili vengono ridotte attraverso l’imposizione minima effettiva, affinché i maggiori gruppi multinazionali di imprese versino un’aliquota minima di imposta sulle società in attuazione della direttiva (UE) 2022/2523, adottata all’unanimità con il voto favorevole di tutti gli Stati membri.

L’imposizione minima globale si fonda su un triplice livello di tassazione:

  • un’imposta minima nazionale, che gli Stati hanno la facoltà di introdurre sulla base della direttiva, e che colpisce le imprese di un gruppo multinazionale o nazionale e le entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano assoggettate ad un livello di tassazione effettiva inferiore alla aliquota minima di imposta del 15 per cento;
  • un’imposta minima integrativa cui è assoggettata la controllante capogruppo di un gruppo multinazionale o nazionale localizzata nel territorio dello Stato italiano che, in un dato esercizio, è soggetta ad una tassazione effettiva inferiore al 15 per cento ovvero che ha detenuto, in qualsiasi momento dell’esercizio, direttamente o indirettamente partecipazioni in imprese a bassa imposizione localizzate in un altro Paese o che sono entità apolidi;
  • un’imposta minima suppletiva (prevista dall’articolo 19) cui sono soggette, in forma tra loro solidale e congiunta, tutte le imprese localizzate nel territorio dello Stato italiano, diverse dalle entità di investimento, nel caso in cui la controllante capogruppo localizzata in un Paese terzo che non applica una imposta minima integrativa equivalente ovvero è una entità esclusa. Tale imposta è di un importo pari all’imposizione integrativa attribuita, per l’esercizio, allo Stato italiano.

La disciplina recepisce tutte le disposizioni concernenti il calcolo sia del reddito rilevante che della tassazione effettiva da prendere in considerazione al fine di valutare se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’imposta nonché per la determinazione dell’aliquota della stessa.

L’Italia ha inteso introdurre un’imposta minima nazionale che è l’unica imposta cui vengono prudenzialmente riconosciuti effetti di gettito, in quanto l’imposta minima integrativa (IIR) sarà effettivamente dovuta dalla controllante italiana, solo nel caso in cui le giurisdizioni estere in cui sono localizzate le società controllate non dovessero introdurre un’imposta minima nazionale equivalente.

Allo stesso modo l’imposta minima suppletiva sarebbe applicabile, e produrrebbe quindi gettito, solo alla duplice condizione che il Paese in cui si trovano imprese di un gruppo multinazionale non introduca un’imposta minima nazionale qualificata (Qualified Domestic Minimum Top-Up Tax – QDMTT) e che nel Paese della capogruppo non venga applicata l’imposta minima integrativa (IIR).

Inoltre la scelta italiana di introdurre un’imposta minima nazionale rispettosa dei principi fissati dall’OCSE, fa sì che il gruppo multinazionale possa esercitare, con riferimento alle imprese localizzate in Italia, l’opzione del “porto sicuro” (safe harbour), che consente di considerare pari a zero l’imposizione integrativa dovuta dal   gruppo (italiano o estero) in relazione alle imprese localizzate in Italia che hanno pagato l’imposta minima nazionale.

In altri termini, si tratta di una importante semplificazione perché, per effetto della suddetta opzione, si evitano i complessi calcoli previsti dalle regole ordinarie per stabilire la eventuale imposizione integrativa ancora dovuta (al netto dell’imposta minima nazionale pagata) per le imprese localizzate in Italia.